PILIPINO HOP


Fino alla fine degli anni '90, gli afro-americani avevano il monopolio del look hip-hop: cappelli girati al contrario, poi divenuti con la visiera dritta, tute fluorescenti eccessivamente larghe e scarpe da basket rigorosamente slacciate erano una prerogativa dei neri negli USA. Poi è venuto Eminem che sicuramente ha sdoganato questa esclusiva ed ora anche i bianchi si possono permettere un look da rapper. Molte volte fanno la fine di quel ragazzino bianco in "Gran Torino", ma non fa niente, l'importante è che il peggio per loro è passato.
Ora, una volta superato il problema del bianco con la tuta larga, la popolazione mondiale si era abituata a questo tipo di conclusione:
- Solo i neri possono vestire hip-hop.
- Non è vero, pensa ad Eminem.
- Ah giusto.
E finiva lì.
Quindi si può tranquillamente concludere che solo i neri ed alcuni bianchi cazzuti possono permettersi di vestire hip-hop.
Ma cosa sta succedendo ai filippini?
Dopo aver superato la fase "rock", tanto decantata in "Pilipino Rock" di Elio e Le Storie Tese, i filippini hanno iniziato anche loro a vestirsi tipo Ludacris in 2Fast 2Furious.
Ora è comprensibile che nel XXI secolo le persone abbiano il diritto di perseguire propri personalissimi interessi, superando quelle che sono le barriere dei pregiudizi e dei cliché, ma il filippino che si veste hip-hop è proprio un cliché bello e buono. E soprattutto mal riuscito. E' come se uno svedese prendesse a fare le pizze.  Sarò un conservatore, ma paragonare l'asiatico col berrettino degli Yankees alle donne che negli anni del proibizionismo in America chiedevano il diritto al voto non mi sembra un paragone razionale: la donna ha diritto al voto secundum naturam, la storia del filippino hip-hop è diversa.
Quindi, se siamo pronti a rinnegare la generalizzazione secondo la quale tutti i filippini sono dei domestici,  si abbia almeno l'accortezza di attendere  almeno un secolo prima di rilanciare l'idea del filippino hip-hop.

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